Ballardini Bruno - 1988 - La morte della pubblicità by Ballardini Bruno
autore:Ballardini Bruno [Ballardini, Bruno]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Social Science, Media Studies
ISBN: 9788882100957
Google: Okdyt2x2jVkC
editore: Castelvecchi
pubblicato: 1998-02-14T23:00:00+00:00
6. Di che cosa stavamo parlando?
Non dire più nemmeno una parola e vattene.
Se anche mi persuadi, non mi convinci.
Aristofane Fiuto
La caduta dellâimpero avvenne così rapidamente e inavvertitamente che i pubblicitari continuarono a credere di essere ancora negli anni Ottanta per molto tempo. Invece era cambiato tutto. Dalla fine degli anni Novanta le innovazioni tecnologiche si sarebbero susseguite a un ritmo sempre più serrato, tale da impedire la stabilizzazione di un nuovo linguaggio pubblicitario.
Tutto questo avveniva senza che gli studi sulla comunicazione e la media philosophy fossero riusciti a definire una volta per tutte che tipo di linguaggio fosse quello della pubblicità . E anche fra coloro che parlavano di ânuova pubblicità â nessuno prendeva in considerazione il fatto che sarebbe stato molto difficile formulare nuovi linguaggi senza prima aver compreso i fondamenti della âlingua classicaâ. Eppure, nella sua epoca dâoro, la pubblicità aveva conquistato un ruolo talmente importante nel sistema delle merci da diventare quasi paritetico a quello delle merci stesse ed era comunemente riconosciuto il fatto che âsul mercato moderno non competono dei prodotti, ma soprattutto dei messaggiâ [Codeluppi, 1989: 7]. Più difficile e controverso si rivelò ogni tentativo di definirne il linguaggio e di analizzarlo.
Fin dai primi approcci era apparso subito un sistema complesso e stratificato e, secondo alcuni autori, la pubblicità si era venuta costituendo come âpratica significante allâinterno della quale si muovono altre pratiche (per esempio, economia, sociologia, psicologia, psicanalisi, linguistica, ...) coordinate in un rapporto gerarchico che, privilegiando la pratica economica, incide sulle funzioni sociali della pubblicità â [Grandi, 1987: 10]. In virtù di ciò venne spesso adottato un approccio interdisciplinare che non condusse mai a risultati utili passando con molta disinvoltura da una disciplina allâaltra e basandosi spesso su impostazioni metodologicamente asistematiche o ambigue.
Un punto di partenza concreto, invece, fu lâosservazione secondo cui âla pubblicità è un linguaggio subalternoâ [De Mauro, 1967: 5-8], Si trattava certamente di un linguaggio che âdipendevaâ da qualcosâaltro e in virtù di questa sua caratteristica necessitava di strumenti adeguati per essere analizzato. In effetti, in oltre ventâanni di studi dedicati alla pubblicità , il termine âlinguaggio pubblicitarioâ venne usato prevalentemente in due accezioni: 1. come una forma di codice strutturato e autonomo, e 2. come tipo di linguaggio in uso nei testi pubblicitari. In entrambi i casi la nozione stessa di linguaggio avrebbe implicato la possibilità di individuare una âgrammaticaâ. Ma, come nella linguistica il sogno di una grammatica generativa è rimasto irrealizzato, qui si era ancora lontani da una definizione accettabile di âlinguaggio pubblicitarioâ prima ancora che di âgrammaticaâ. Come si vedrà in seguito, i tentativi di analisi arrivarono solo dove i limiti della griglia analitica consentivano di arrivare e, in molti casi, lo strumento dâanalisi venne considerato âgrammaticaâ esso stesso.
Prima di pensare a nuovi sviluppi, dunque, occorrerebbe riprendere il discorso dallâinizio per verificare se non si sia perso qualcosa per strada. Come si è visto, la pubblicità rappresentava il sistema più efficace per veicolare un messaggio individuato da una strategia di marketing, e anzi esso ne costituiva lâespressione più diretta1.
1. Per un quadro completo delle metodologie in uso nel marketing classico, si veda Kotler, Scott [1993].
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